mercoledì 11 settembre 2013

la dura vita di un artigiano nel mondo del fatto in serie


Come probabilmente molti di voi già sanno, nei caldi giorni estivi mi sono dilettata a partecipare a qualche mercatino nelle varie feste che tutti i paesi organizzano per divertire residenti e villeggianti. È per me un esercizio divertente montare la mia bancarella, inventarmi ogni volta un nuovo artificio per le luci, per la disposizione degli oggetti.
Ma confesso che mi serve soprattutto per guardare del vivo le reazioni delle persone non solo alle mie proposte ma anche quelle dei miei vicini che presentano oggetti anche molto differenti dai miei per categorie o per fattura.
In linea di massima posso dire che gli artigiani vendono pochissimo, che il loro lavoro è guardato di sfuggita, talvolta persino disprezzato, quasi sempre ignorato dai più. Poi ci sono i curiosi, quelli che immancabilmente vengono a osservare attentamente le tue cose per poi confessarti candidamente che anche loro saprebbero realizzarle, anzi che hai dato loro proprio delle buone idee (gulp!!). Ogni tanto c’è qualcuno che realmente ammira e si ferma a chiacchierare accettando di discutere qualche minuto con te: sono pochi, pochissimi, quelli che ti rivolgono la parola o ti guardano negli occhi, e ancor più rari sono gli acquirenti. Tutti ci siamo interrogati sul perché, lo abbiamo fatto personalmente, ma anche collettivamente.

Sarebbe banale rispondere che c’è crisi e la gente non ha soldi da spendere, perché poi guardi come sono vestiti e ti accorgi che i soldi li spendono eccome, ma in altro genere di oggetti ritenuti evidentemente più importanti status symbol. La borsa, l’accessorio, il bijoux, lo comprano ma se ha una firma (piccola o grande) sopra, che sia perciò riconoscibile all’altrui sguardo: il prodotto artigianale per quanto possa piacere, non offre questa “garanzia”.
La seconda risposta che ti viene in mente è che dipende dal tipo di pubblico, il pubblico di strada in realtà non è interessato al lavoro artigianale “serio”, a un mercatino ci si trova per passeggiare senza nessun vero scopo di acquisto e si decide ad acquistare solo se trova qualcosa di proprio gusto e (in genere) di poco prezzo.  Quindi è il luogo che conta, la strada è il luogo dove si pensa di trovare (e dove si è disposti ad acquistare) solo roba economica, che non sappiamo più nemmeno distinguere dal prodotto in serie.
Ma un lavoro artigianale può essere un lavoro a basso prezzo?? Può un prodotto artigianale essere venduto alla stregua di un qualsiasi prodotto usa e getta da mercato, che quando non mi piace più lo getto senza rimpianti, tanto per 2 euro che mi è costato… O forse la logica intrinseca del lavoro artigianale è proprio il contrario del prodotto massificato usa e getta ottenuto con lo sfruttamento del lavoro, cioè un prodotto unico, ben curato nei particolari, concepito per durare nel tempo??
Ecco queste sono le domande che tutti noi come consumatori dovremmo rivolgerci quando acquistiamo qualcosa, dal piccolo al grande acquisto.

E finché gli artigiani accetteranno di abbassare i prezzi a livelli oserei dire vergognosi, questo non farà che confermare l’opinione della gente che si tratta di prodotti di basso prezzo, che alla fine valgono poco. In questo modo non si rende un buon servizio né al proprio lavoro, né al lavoro di tutti gli altri. Il lavoro artigianale DEVE essere di buon livello e non deve essere sottopagato, proprio come testimonianza del proprio impegno e del proprio valore.
E infine arriviamo al punto più spinoso, collegato al precedente. Nei mercatini di strada, troppo spesso, insieme agli artigiani espongono anche i commercianti, spesso in generi molto simili. Scandaloso l’esempio dei prodotti in feltro asiatici accanto a chi il feltro lo realizza a mano, oppure della bigiotteria in fimo artigianale accanto a chi assembla pezzi fatti in serie da qualche parte del mondo dove il lavoro costa mezza lira. Ma potrei fare tanti altri esempi di questo genere. Quello che succede lo sappiamo tutti: gli artigiani abbassano i prezzi ma rimangono quasi sempre all'asciutto rispetto ai loro “concorrenti”. Gli organizzatori sono interessati a curare questo aspetto?
Un mercato artigianale dovrebbe avere solo prodotti realmente artigianali, ospitare vari generi, possibilmente non troppo simili, dovrebbe essere occasione di incontro tra acquirenti e produttori, non solo per le vendite ma per lo scambio. A un commerciante può anche bastare la vendita, un artigiano invece ha bisogno di sentire apprezzato il proprio lavoro non solo in termini di vendite, ma di consensi, di relazioni. Perché dalle relazioni, dagli scambi, vengono fuori nuove idee da realizzare. Solo lo scambio rende fertile il lavoro di un artigiano serio, che è e deve essere un sognatore.
Ancor meglio sarebbe riuscire a organizzare mercatini artigianali in altri ambiti, non per strada, pubblicizzandoli adeguatamente, mirando a una fascia di pubblico più sensibile a un artigianato di valore. E magari anche fare una selezione delle proposte e degli artigiani più fantasiosi o abili.
Infine una ultima riflessione per tutti: quando il lavoro artigianale scomparirà, scomparirà una parte importante della nostra storia , delle nostre competenze, della nostra imprenditoria e della nostra economia. Resteranno solo i prodotti di importazione, e nessuna ricaduta sul territorio. Ci stiamo impoverendo perché siamo talmente miopi da non conservare il nostro patrimonio, perché acquistiamo senza nemmeno renderci conto che proprio l’atto dell’acquisto oggi è l’atto più conformista o (viceversa) rivoluzionario che ci sia. Scegliere da che parte stare dipende da noi.





58 commenti:

  1. Le tue riflessioni sono senza dubbio condivisibili. Chi organizza i mercatini troppo spesso lo fa solo per guadagnare e non sta a controllare cosa si crea, ma solo se ci sono abbastanza bancarelle paganti. Di che genere siano le cose esposte non interessa.
    Come interessa poco, del resto, alla gente che gira fra le bancarelle. Anche io mi son chiesta se i miei prezzi sono alti e se il problema fosse quello. La verità è che sono poche le persone che ne capiscono, la maggior parte non guarda se la creazione è assemblata o creata da zero: compra quella che costa meno.
    Emblematico è quello che ho visto ad un mercatino a cui ho partecipato,(non voglio offendere la ragazza che ha avuto questa idea, ci mancherebbe! Ma fa proprio capire il valore che le persone danno all'artigianato). Sulla bancarella di questa ragazza, in un cestino ha messo dei biglietti a pochissimi euro. Bisognava estrarre un biglietto e si vinceva un piccolo premio, tipo lotteria. Alcune persone compravano anche cinque biglietti, per avere cinque cosine piccine picciò. Non sceglievano di spendere la stessa cifra in un bigiù o in una creazione, ma si affidavano alla sorte. Quando sottolineo che manca la cultura del fatto a mano, intendo proprio questo...
    La cosa mi fa tristezza perchè penso che con tutto quello che c'era sul banco potevano scegliere una creazione fatta a mano, ma sorrido anche, perchè penso che alla fine 'sta ragazza ha fatto qualche soldino colpendo un punto debole dei clienti.
    Il succo è: facciamo mercatini per guadagnare (e allora potremmo anche rivendere la qualunque, tanto a volte non cambierebbe nulla) o li facciamo perche ci piace creare e vorremmo vedere riconosciute le nostre capacità? Spero di non essere stata troppo contorta!

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    1. Sì anche io ho notato l'enorme quantità di persone che si affidano alla sorte, in queste situazioni. E anche a me è stato consigliato di fare delle "pesche". Solo che non fanno per me. Preferisco non vendere nulla, che pensare di creare con la finalità della pesca.

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  2. carissima, sottoscrivo in PIENO quello che hai scritto e su cui -insieme ad altri- hai riflettuto!!! Aggiungerei, per mia esperienza, che è più semplice guadagnare se il ricavato della vendita è legato ad iniziative di beneficenza (e questo è un merito per chi acquista!)e che, se si propongono prodotti SOPRATTUTTO ORIGINALI-NUOVI-UTILI e se possibile diversificati per età, allora qualche soddisfazione arriva.
    BUONA CREATIVITA'!
    N.B.: c'è anche una sensibilità legata al territorio, al pubblico e ad eventi artistici-un luogo più ricettivo verso l'artigianato piuttosto che un altro etc.- anche in una stessa città.

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    1. In effetti è del tutto possibile che ci siano (come dicevo) anche luoghi differenti che ci mostrerebbero più attenti all'artigianato. Ma se non ci sono forse occorre crearli!

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  3. Che dire? Sono riflessioni che mi faccio anche io, quotidianamente.
    La crisi incide, ma incide pure il fatto che moltissimi, troppi, non capiscono la differenza tra handmade originale, studiato, curato nei dettagli e quello seriale, fatto di assemblaggio di cineserie e scopiazzato da mille altre cose viste online o sulle riviste o nei negozi.
    E ancora: forse tanti si sentono rassicurati dall'omologazione? Avere le scarpe, la cintura o il bracciale visto in giro può farli sentire di essere parte di un gruppo, del mondo? Su questo punto possiamo lavorare noi: spiegando a voce e nei blog (pagine, forum, chi più ne ha più ne metta) perchè scegliere creazioni handmade ORIGINALI. Possiamo insegnare ai nostri figli, fin da piccoli, che è bello creare la moda e non seguirla.
    Insomma il discorso è vasto e anche io, con questo commento, penso di non essere riuscita ad approfondire sufficientemente tutte le sfaccettature dell'argomento.

    Sono curiosa di sentire i vari pensieri che scaturiranno!

    Bacio

    Ila

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    1. Credo che la cultura del prodotto in serie (e troppo spesso dell'usa e getta) sono ancora troppo radicate in noi per riuscire a fare breccia facilmente. Ma io confido che a poco a poco, le cose possano cambiare!

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    2. Esatto e noi, a costo di rimanere senza voce, spiegheremo perchè, percome e percosa scegliere handmade di qualità! L'usa e getta è ormai alla fine del suo percorso, dovremo farcene una ragione, per il bene del pianeta!

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  4. Ciao, ho letto il tuo post e devo dire che sono d'accordo con te anche io sono un'artigiana che crea i propri articoli a mano e che partecipa a dei mercatini durante le feste o le sagre di paese, quello che volevo aggiungere è che la gente che passeggia e lancia qualche occhiata distratta alle bancarelle non sa, quanto lavoro c'è dietro sia nel realizzare una creazione, sia nel proporla cercare sempre di esporla nel modo migliore, ma sopratutto nell'allestire il proprio stand... montare sistemare e a fine serata smontare e risistemare tutto.
    un saluto Mariella

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    1. Sono d'accordo in tutto e per tutto hai scritto esattamente ciò che si prova ad esporre i propri oggetti fatti con passione e tanta fatica. Io non faccio molti mercatini ma quando capita sento di tutto a volte sorrido altre volte devo trattenermi dal mandarceli.... ma c'è anche chi apprezza e ti fa complimenti sinceri acquistando qualcosa, questo ti da la carica per continuare a proporti.
      Un caro saluto
      Imma

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    2. Grazie Mariella per il tuo commento! E' vero che la gente non sa che dietro c'è fatica, ma c'è fatica anche dietro a chi sta in un negozio ;)

      Graziella e Imma, grazie anche a voi (non so chi stia scrivendo). Quando si riesce a scambiare quattro chiacchiere con qualcuno, è vero, si riesce a farselo bastare. Ma fino a quando??

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  5. Commossa dalla tua riflessione non posso che condividerla appieno! Valorizzare il proprio prodotto artigianale sempre, raccontandolo, contestualizzandolo, dandogli una dignità anche con il prezzo...con tutta la passione, il lavoro e la dedizione che sta dietro! Non arrendersi mai perché chi lo ricerca lo apprezza.Buon lavoro Gabriella

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    1. Sì credo anche io che ci sia chi lo cerca. Per questo penso che insieme dovremmo fare uno sforzo in più e investire in ambiti più adatti alla nostra proposta! Grazie Valentina!

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  6. Grazie per aver espresso e reso pubblico il tuo pensiero, che è uguale al mio.
    Ho iniziato anch'io tanti anni fa con i mercatinicon poca fortuna, ora ho un negozio in cui vendo i materiali che le hobbyste come te utilizzano per creare oggetti unici, molte di loro fanno mercatini, e a tutte dico di non svilire il loro lavoro con prezzi troppo bassi, che piuttosto farebbero meglio a sdraiarsi sul divano a guardare la tv o se ne hanno a giocare con i loro bambini... Il fatto è che poi la gente si abitua anche a puntare al ribasso... vendono un biglietto d'auguri fatto a mano che costa 5 euro di materiali e 20 di manodopera a 2.00 euro perchè altrimenti "non lo vendono"... oppure cucinano e decorano torte a più strati e si fanno pagare 25.00 euro, quando in pasticceria con 25 euro non si acquista quasi neanche una crostata... e le attrezzature? il tempo impiegato? Nessuno lo conta mai, e la risposta è: ma mi piace farlo... e allora regalalo! se ti piace farlo, ma non sminuire con i tuoi prezzi ridicoli anche il lavoro degli altri... Ma è un discorso difficile da far capire...
    In bocca al lupo

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    1. La lotta al ribasso è quello che ci nuoce di più, e non solo nel momento della vendita, ma anche a lungo termine. E' un danno, di questo sono più che convinta!

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  7. Sono andata settimana scorsa a trovare un'amica creativa (e molto brava) durante un mercatino che faceva. E vedendo il nulla intorno alla sua bancarella, ho detto a lei "ma perché fai i mercatini?" E lei mi ha risposto: infatti, è così svilente!
    E' svilente il fatto che tante artigiane continuino ad abbassare i loro prezzi per adeguarsi al made in China, non capendo che c'è una distanza abissale tra le 2 cose ed è normale che ci sia anche una distanza di prezzo tra 2 oggetti così differenti. Ad un oggetto di artigianato va dato il giusto valore. Non siamo noi che dobbiamo abbassarci e svilirci, sono loro che devono innalzare le loro menti, fermi alla firma da esibire. Se noi per primi declassiamo i nostri manufatti, come possiamo poi rimanerci male se gli altri non li prendono in considerazione?
    E che soddisfazione può dare vendere qualcosa a € 10, se ne abbiamo spese 12 di materiale, ci abbiamo messo la nostra cura, la nostra inventiva, il nostro tempo?
    Tutte a scandalizzarci se sottopagano le bimbe nei seminterrati, e noi sottopaghiamo noi stesso. Tempo fa, feci una mini battaglia contro tutte le fanciulle che pur di vedere i loro progetti pubblicati su una rivista, accettavano di farlo gratuitamente. E quante ce ne sono che lo fanno ancora. Invece se tutte smettessero, vedi che gli editori tornerebbero a pagare come facevano un tempo e com'è giusto che sia.
    C'è una frase sulla colonna sinistra del mio blog, ed è tratta da un film (C'è posta per te). Dice così:
    E' per questo che costa così tanto?
    No, è per questo che VALE così tanto, perché è fatto a mano.
    La rivoluzione deve partire da noi.
    Splendido post, condivido tutto!
    (Non rileggo, perdonate eventuali strafalcioni)
    elenita°*°

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    1. Grazie delle tue parole Elena, sono l'ulteriore conferma che se c'è qualcosa che deve cambiare, deve partire da noi!
      E concordo sulla questione delle riviste, come delle "collaborazioni" gratuite. E' sfruttamento del lavoro altrui.

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    2. Collaborare con una rivista non è vero che sia "sfruttamento"...Non ho mai dato un prezzo alle mie creazioni pubblicate, ma ho attribuito loro il valore aggiunto ricavato in primis dalla notorietà raggiunta. In secondo luogo, dalle porte aperte alla collaborazione in fiera, dall'opportunità di far conoscere la propria tecnica e vendere i propri kit, dalle conoscenze acquisite che hanno generato nuovi contatti e nuove occasioni di fare creatività...

      Quanto al resto, condivido tutto quello che ho letto finore: di mercatini artigianali ed eventi ne faccio meno proprio perchè il pubblico, a cuasa di "artigiane" in cerca di "soldo", si aspetta tutto dando quasi niente...

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    3. Grazie di avere raccontato a tutti la tua esperienza Monica. Penso però che sia giusto che le collaborazioni vengano retribuite, magari anche in maniera differenziata a seconda dell'esperienza offerta. Ma è proprio il concetto di gratuito che non capisco. Non pensiamo di trovare personale per le pulizie o di ufficio che svolga gratis il proprio lavoro, perché invece per le artigiane invece sì?

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    4. Non bisogna confondere il senso di una collaborazione con certe riviste (nel mio caso, sono stata fortunata) con l'esposizione artigianale delle proprie opere!
      Nè bisogna dimenticare che non tutte le creative chiamate a collaborare con una rivista
      sono già affermate e note!
      Ci sono riviste alle quali ho detto NO e direi NO anche domani,pur pagandomi, perchè non cercano "vera creatività" ma "contenuti per riempire le pagine".Non fanno cernita, non hanno un tema prefissato, scopiazzano ovunque!
      In questo caso, concordo con Elena Fiore al 100% !!!
      Ce ne sono state e forse ce ne sono altre che nel consentirti di esserci ti danno un'opportunità a 360° gradi, fatta di scambi che valgono di più del costo di una singola creazione...

      Io sono la prima a difendere "il valore" delle ns.creazioni quando esposte per la vendita; ma sono la prima a dire di non essere "venali" quando l'opportunità che ci viene data ha un ritorno anche per noi duraturo nel tempo!

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  8. Da me (Taranto) al mercatino che facciamo mensilmente nella piazza centrale della città la gente che viene è la solita della domenica, quelli che escono per la passeggiata, gelato, messa, paste dai parenti. Alcuni si soffermano, come dice l'autrice del post, per farti sapere che lo fanno anche loro! Altri guardano, TOCCANO, e poi continuano indifferenti. La realtà è che si tende a dequalificare il prodotto artigianale come un qualcosa che viene fatto "per passare il tempo", non per amore della creatività o per proporre qualcosa che esuli dal fatto in serie. Per questo, molti non capiscono quanto lavoro, quanto studio, quanto tempo ci sia dietro un qualsiasi oggetto proposto sui nostri banchetti.
    In più, molti pensano che il termine MERCATINO equivalga al MERCATO (della frutta, delle pulci, delle magliette) dove devi trovare l'affare, la roba a poco prezzo, quella che abbellisce la casa ma senza costare troppo, che poi butti via.
    E poi c'è la responsabilità di chi organizza, che non vigila sugli espositori, affinché tutti i partecipanti propongano DAVVERO handmade, e non cinese riassemblato e camuffato da fatto a mano.
    In ultimo, la responsabilità è dell'artigiano stesso che spesso, pur di vendere, abbassa il prezzo del proprio manufatto, essendo egli stesso, per primo, a dare l'idea che non valga nulla, che valga poco.

    Io sono amareggiata e anche un po' frustrata del fatto che si riesca a vendere qualcosa solo a Natale perché siamo più "economici" rispetto ai marchi per strada, per fare i regalini ad amici e parenti!

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    1. e allora (forse) vale la pena di cercare qualche soluzione! :) Proviamoci insieme!

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  9. Io ed altre "colleghe" di mercatino che abbiamo letto il tuo articolo siamo d'accordo e condividiamo quello che hai scritto perchè viviamo pari pari le stesse situazioni, al sud penso ancor di più che altrove dove spesso si espone in location di altro genere (vedi castelli, ville, B&B, ecc.)
    Germana

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    1. Il Sud sconta anche una maggiore diffusione dei "lavori manuali", per tradizione e per necessità. Per cui è facilissimo che soprattutto nei paesi qualcuno sappia fare certe cose anche meglio di te. Ma non è quello il punto.

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  10. Concordo pienamente con quanto scrivi e con quanto dicono le amiche che mi hanno preceduto.
    Ho fatto il mio primo mercatino a 18 anni (parliamo di ben 35 anni fa), era ovviamente abusivo visto che all'epoca non c'era possibilità di fare altrimenti, vivo in una grande città e le occasioni dopo quella prima volta sono state tante, con buoni o addirittura ottimi profitti, mi ci pagavo le vacanze (2 mesi, e tieni conto che ho studiato fino a 23 anni)e anche un piccolo affitto, era a tutti gli effetti il mio lavoro, e pensavo di continuare più o meno in quella direzione...poi pian piano le cose sono cambiate e gli anni '90 hanno (almeno per me) decretato il declino, c'è stato un aumento esponenziale di persone che si davano alle varie tecniche al momento di moda per passare il tempo e che volevano poi vendere,e i comuni hanno cominciato a sfruttare la cosa......è stata una continua discesa fino ad arrivare al punto che tu descrivi così bene. I mercatini sono davvero tanti e tutti uguali, con artigiani molto bravi (e solitamente ignorati), hobbisti, commercianti di mercanzia cinese e, sempre più spesso, ambulanti anche di altri generi. I comuni o le Pro loco che organizzano paiono assolutamente disinteressati al fattore "culturale" ma solo, come tu dici, al numero di presenze...
    Ho smesso da moltissimo tempo di fare i mercatini, sono entrata talmente in crisi che per quasi 10 anni mi sono "limitata" a dipingere...ora ogni tanto organizzo una sorta di esposizione privata: invio alla mia mailing list, con preghiera di diffusione, un invito presso una sala che affitto, offro il the, mostro i miei pasticci, scambio belle chiacchiere. E' un bel modo per non svendere, ma sono lontana dai vecchi risultati.
    Credo che la "rinascita" dovrebbe partire da noi, organizzare gruppi, proporsi ai comuni o a luoghi dove potersi mostrare, creare associazioni per promuovere il proprio lavoro e continuare a testimoniare la qualità di ciò che si fa...certo richiede molto impegno e io, forse, non ne ho più neanche tanta voglia.

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    1. Hai ragione tu, Daniela, occorre trovare altri momenti, forse anche altre modalità per proporsi!

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  11. Sai bene come la penso, Gabriella. E di mercatini ne faccio, se va bene, uno all'anno ed esclusivamente per puro divertimento. Il guadagno quasi sempre rimane zero.
    Sono convinta che il luogo in cui si svolga la mostra abbia la sua importanza così come il nome dato all'evento. Se scrivi "mercatino" la gente si aspetta di trovarvi prodotti a basso prezzo. E poi, diciamocelo, non è che tutti quelli che propongono cose fatte a mano siano dei bravi artigiani! Ho visto spesso, in giro, delle autentiche ciofeche che voi umani... ;-)
    Ci saranno indubbiamente dietro passione e fatica ma sono invendibili e sfiderei chiunque a comprarli!
    Come hai scritto tu, chi organizza queste manifestazioni dovrebbe curarne di più forma e contenuti. Scegliere il posto giusto e, soprattutto, gli artigiani più bravi. Artigiani che curino i loro prodotti nei minimi particolari, che siano in grado di allestire stand invitanti dove gli oggetti siano esposti in modo gradevole (e non affastellati l'uno sull'altro per placare l'ansia da "oddio, voglio mostrare tutto quello che ho creato!") e che siano coscienti del loro valore tanto da assegnare il giusto prezzo alle loro creazioni.
    I mercatini, invece, sono spesso pieni di hobbisti. Alcuni molto bravi, per carità, ma che sono spinti esclusivamente dalla voglia di mostrare le loro creazioni, accontentandosi di venderle anche sottocosto (anche perchè spesso hanno un lavoro "normale")pur di poter dire: "ho venduto!". Fare l'artigiano è un mestiere a tempo pieno e non un hobby!
    Diciamo che i fronti su cui occorrerebbe lavorare sono molteplici.
    E, infine, c'è la famosa smania, tutta italiana, di esibire la marca, il bijoux di moda, l'ultima it-bag, ecc. E lì c'è poco da fare. Finchè le riviste di moda continueranno (e lo faranno perchè le case di moda sborsano milioni in pubblicità sulle loro pagine) a proporre l'ultima creazione di Armani come il "nonplusultra" da possedere, il prodotto artigianale di qualità sarà esclusiva di pochi. E forse, è giusto anche così. Non tutto può essere per tutti.
    Un abbraccio.
    Vannalisa

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    1. continuo a pensare che anche un hobbysta non fa bene a svendere il proprio lavoro. Nessuno dovrebbe svendere il proprio lavoro. Poi sta all'acquirente decidere se ne vale la pena. E in qualche caso magari non ne vale la pena, come dici tu.

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    2. Concordo. E infatti non ho mai detto che un hobbista dovrebbe svendere il proprio lavoro in quantonon artigiano "titolato". Ho detto che però ci sono molti hobbisti (aventi un altro lavoro) chespesso lo fanno pur di vendere e perchè con la creatività non ci devono campare.

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  12. Inutile dire che anche io sono d'accordo con te....infatti espongo i miei prodotti solo 2 volte all'anno...(per 2 giorni nella festa più importante della mia città e a dicembre in un centro commerciale)ho praticamente abbandonato la strada.
    Purtroppo ho capito da subito che non si può cambiare la mentalità della gente...il 98% delle persone che si avvicinano alle bancarelle cerca il prezzo più basso, non il prodotto unico e originale.
    Purtroppo il contesto storico e culturale non ci aiuta e credo che la soluzione sia vendere on line.
    Essendo un'inserzionista di una rivista di cucito mi sento tirata in ballo 2 volte.
    Non è vero che non ci sono dei compensi per le inserzioniste, chi lo dice omette delle cose.
    Almeno, nel mio caso non è così, però ammetto che bisogna sapersi anche un po' imporre... ;)
    A presto cara! :*

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    1. Anche vendere on line non è semplice. Ancora molte persone hanno remore ad affidarsi a un acquisto che non vedono né toccano con le loro mani. E anche quelle che lo fanno abitualmente, bisogna riuscire a raggiungerle. E' una opportunità, questo sì!

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  13. Ciao Gabriella, ho letto il tuo post e tutte le risposte. Non ho molto da aggiungere a quello che é già stato scritto. Ho fatto qualche mercatino per un paio d'anni ed ora ho smesso. Ho sempre avuto abbastanza gente incuriosita per i prodotti che proponevo ma soprattutto pronta a dire che " anche una mia amica li fa". Ma ho anche incontrato persone (poche) pronte ad apprezzare il lavoro che sta dietro anche un gioiello di bottiglie di plastica. Le maggiori vendite le ho realizzate abbinate alla beneficenza.
    Ho anche notato che c'é un incremento di persone che hanno trasformato il loro hobby in possibilità di guadagno perché senza lavoro: questo porta ad una minore qualità e a prezzi bassi pur di portare a casa qualcosa.
    Gli organizzatori adesso si trovano a far quadrare i conti e quindi accettano tutti senza una verifica del materiale e mettendo artigiani a fianco di commercianti.
    Comunque non ti fermare e non sminuire il tuo lavoro é vero che siamo in un periodo di recessione ma il lavoro artigianale sta tornando ad essere importante.
    A presto!

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    1. il saper fare torna sempre utile, soprattutto quando non ci sono alternative! :)

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  14. Che bello leggere tutte queste testimonianze, questa voglia di cambiamento. Fa pensare che prima o poi qualcosa possa realmente succedere... Io ho partecipato ad un solo mercatino con un'amica, ma ne ho frequentati tanti dall'altra parte del banco e posso testimoniare l'abbassamento della qualità degli oggetti esposti. Questo è un vero peccato! Speriamo che qualche organizzatore passi di qui e capisca che a rimetterci alla fine sono davvero tutti. Voi tenetevi strette le vostre creatività, mi raccomando, non lasciate che il mercato vi scoraggi! Siete bellissimeeeeee

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    1. Grazie per il tuo commento!! Penso però che non possiamo aspettare inerti che qualcosa prima o poi succeda, dobbiamo farlo succedere noi! :)

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  15. Ciao! piacere di conoscerti. Ho fatto mercatini per un anno poi ho mollato per tutti i motivi che hai detto... ora faccio le cose solo su ordinazione o da regalare solo a chi le apprezza veramente... penso anche io che chi organizza questo tipo di manifestazioni dovrebbe farlo in maniera diversa. A presto Vale

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    1. Ciao Mami, grazie del tuo commento! Dovremmo aiutarli anche noi, gli organizzatori a vedere le cose in modo differente!

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  16. sono d'accordo in tutto con te.
    Non faccio molti mercatini per motivi personali, riuscivo a farne due all'anno al mio paese ma quando una delle feste paesane si è ridotta a considerare le bancarelle solo una perdita di tempo da accontonare o non cosiderare quasi... ho deciso di non parteciaprvi più.
    Ora ne faccio una sola, dipende dagli anni, dipende dalle persone, dipende dal tempo (sì anche quello incide molto, soprattutto se sei all'aperto) ma anche dai soldini che hai in tasca, anche se, come dici tu, di quel che si vuole si spende anche qualcosa in più, basta che sia firmato.
    Credo che il lavoro artigianale ormai sia molto sottovalutato, peggio dei lavori importati e magari utilizzando manodopera minorile.
    Non so più cosa può cambiare questa mentalità, forse bisognerebbe sensibilizzare non solo l'opinione pubblica ma anche chi decide le regole del mercato...
    Ormai il made in italy non esiste più, forse proprio noi creative stiamo riuscendo con molta fatica a sostenerlo.
    E' tutto estremamente triste e deludente.
    ciao

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    1. Beh, cominciare a esporre insieme ai nostri prodotti anche dei messaggi mirati, può essere un inizio! Sottolineare sempre che il made in Italy finirà, quando tutti smetteremo di comprarlo. Sembra ovvio ma non ci si pensa mai!!

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  17. Rifletto su queste due cose. Una l'hai scritta tu:

    La borsa, l’accessorio, il bijoux, lo comprano ma se ha una firma (piccola o grande) sopra, che sia perciò riconoscibile all’altrui sguardo: il prodotto artigianale per quanto possa piacere, non offre questa “garanzia”.

    L'altra è nel commento di Ilaria Anselmi:

    forse tanti si sentono rassicurati dall'omologazione? Avere le scarpe, la cintura o il bracciale visto in giro può farli sentire di essere parte di un gruppo, del mondo?

    Ragioniamo. Quasi sempre i prodotti handmade sono "accessori", cioè si comprano per bellezza e non per necessità. E quando uno compra qualcosa per bellezza, molte volte lo fa per ricevere complimenti, o almeno per non sfigurare rispetto agli altri. Sono pochi quelli che per affermare il proprio gusto non si curano della disapprovazione altrui.

    Mia madre, sarta, mi ha insegnato che è meglio un abito fatto su misura che ti veste bene e che valorizza la tua figura, rispetto a uno firmato che ti fa difetto ed è magari un modello che non ti dona.
    Ma la maggior parte della gente non ha un genitore esperto, e il buon gusto non lo insegnano a scuola. Così pensano che ciò che definisce il concetto di "bello" ed "elegante" sia la moda, anche quando propone roba pacchiana; quindi sono convinti che per essere belli ed eleganti basta esibire un oggetto comunemente approvato.

    Logico che la gente non sappia nulla di handmade e non distingua una perla di Fimo creata a mano con accurata lavorazione e rifinitura, con dispendio di tempo e materiali di qualità, da una perla di plastica stampata chissà dove nel mondo a prezzo irrisorio e nel più totale disprezzo dei diritti umani. A vederla, sembra una palla di plastica colorata, in entrambi i casi. Sarebbe come chiedere a me di dire in che linguaggio è stato programmato un software, o quali siano i suoi tempi di siluppo e costi di produzione. Che ne so? Io al massimo posso dirti "Oh, anche un mio amico è programmatore", ma da qui a saper dare il giusto valore alle cose ce ne passa!

    Ora, non possiamo insegnare il valore delle cose ad una persona di passaggio che non ne capisce niente, o ad un amministratore comunale che per fare cassa pensa di movimentare il paese con un po' di folklore. Ma possiamo rifiutare questi contesti ed organizzarci in un altro modo. A quel punto la gente comincerà a distinguere le hobbiste da mercato dagli artigiani seri, come distingue le bancarelle "tutto a poco prezzo" dai negozi in centro. Secondo me è significativa l'esperienza di Daniela Milanesi, che ha commentato prima di me. E in questo senso qualcosa si sta già muovendo: ci sono persone che si organizzano o associazioni che cercano di valorizzare l'artigianato inteso come sapienza, abilità, cura e arte. Tutto sta a saperli scovare, o ad impegnarsi seriamente in prima persona.

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  18. Ciao, mi chiamo Elisa, ho letto il tuo post tutto d'un fiato, e mi ci sono ritrovata al 100%. Io cerco di "selezionare" i mercatini ai quali partecipare, primo perchè mi sono stufata di trovare nel banco vicino a me la ragazza che espone 100 collane di feltro comprate chissà dove e le mette tre euro, mentre io, che per fare una pallina di feltro ci metto venti minuti riporto tutte le collane a casa. Poi diciamola tutta, molti mercati hanno prezzi davvero improponibili, che, solo per ripagarmi le spese dovrei vendere mezzo banco!!!
    Sono d'accordo con te quando dici che qualcosa dobbiamo fare, io nel mio piccolo insegno ai miei figli che un oggetto fatto a mano ha molto più valore di qualsiasi altro firmato o fatto in serie, e quando mia figlia (dieci anni), mi chiede una bustina per la scuola e mi dice: "però me la devi far tu, la voglio firmata da te", penso che si, qualcosa la possiamo fare, non è poi così difficile cambiare le abitudini a cominciare proprio dai bambini. Ho letto in una risposta che hai dato hai suggerito di esporre anche messaggi mirati per sensibilizzare, ottima idea, e poi continuare a promuovere il vero fatto a mano, quello vero, fatto bene a 360°! Buona serata!Elisa

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    1. Benvenuta qui, Elisa e grazie di quello che hai scritto. Penso anche io che il messaggio dobbiamo cominciare a darlo ai nostri figli anche da piccoli. Saranno adulti migliori!

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  19. Ciao Gabriella,
    io vendo le mie creazioni in conto vendita nei negozi che me lo richiedono e/o a privati; non ho mai fatto mercatini, probabilmente anche perchè noto che spesso i banchini con creazioni handmade sono vuoti e/o quasi saltati a piè pari (con mio enorme dispiacere), mentre la bancarella accanto con pentolame o oggetti in "plasticaccia" è piena di cuoriosi.

    Credo che il motivo di questa cosa sia esattamente quello che ho letto nei commenti precedenti e nel tuo post, i.e. il mercatino è principalmente visto come un mercato, dove andare a passeggiare e spendere qualcosa dopo aver mangiato le noccioline o le patatine fritte, ed onestamente il bijoux handmade si sposa spesso male con la porchetta ;-)

    Ho provato a proporlo su fb (in uno dei tuoi post) e ci riprovo quà :-P
    A mio avviso si potrebbe provare noi (artigiani) a proporre come secondo noi dovrebbe essere organizzato un mercatino dell'artigianato, magari stabilendo dove si dovrebbe svolgere, chi può esporre, come dovrebbero essere organizzati gli stand, in modo da essere circondati da 'appassionati' e che chi gira in quel mercato respiri aria di artigianato e ne venga stimolato.
    Probabilmente si potrebbe pensare di fare un'associazione, un gruppo (le modalità poi andrebbero studiate), ma come prima cosa bisognerebbe unirci, trovare un bel numero di artigiane/i disposti a mettere energie per una cosa in cui credono e vedere di realizzare eventi che ci soddisfino.

    my 1 cent

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    1. La tua idea è una possibilità di fare qualcosa, un contributo interessante. Credo però che questo genere di iniziative abbiano più possibilità di successo e maggiore incisività quando sono radicate nel territorio. Per cui è utilissimo fare nascere realtà di zona, associazioni, gruppi spontanei, che "lavorino" nel senso da te indicato. Se si vive lontano, possiamo scambiarci idee ed esperienze, ma è difficile riuscire a organizzare insieme qualcosa di concreto.

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  20. Concordo con quanto hai scritto e totalmente con Elena Fiore, con la quale a suo tempo condivisi la "battaglia delle pubblicazioni"
    Personalmente non faccio mercati, in passato qualche esposizione "artigianale" che è andata anche bene.
    Ho fatto pubblicazioni per molti anni, quando si pubblicava "sul serio"
    vedi sempre Elena Fiore,
    Oggi mando tutti a quel paese, xchè non esiste che faccio un lavoro e la rivista mi offre 20€ come rimborso
    (per quelle che te lo fanno)oppure ti viene detto che comunque è per farti conoscere......quando poi loro sono le prime che scaricano tutorial e schemi dalle riviste straniere, vedi ad esempio le nuove riviste che trattano uncinetto e compagnia bella.
    La colpa è sicuramente del malcostume tutto italiano, l'arte della furbizia, conosco persone che lavorano negli uffici, negli ospedali, nelle scuole..si realizzano con i loro hobby e se ne fregano.
    Oggi tutti fanno "artigianato",
    pure chi non distinguere un cecio da un sasso,
    e credeva che "navigare" era andare in barca per mare.
    Ti faccio presente che durante i miei corsi la prima cosa che metto in chiaro è proprio non "svilire il lavoro manuale"..........non ho idea di quante mi diano retta.
    Comunque ogni tanto è bene dare una smossa a questo piattume.
    Bel post e belle chiacchierate.....quasi come una volta.
    Un baciotto e buona serata.
    Cinzia

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  21. Obiettiva ed intelligente analisi, complimenti. Mi permetto di condividere il tuo post, sperando che con la divulgazione il pubblico si sensibilizzi e prenda coscienza del valore reale del "fatto-a-mano".
    Ciao,
    Fabiana

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    1. Benvenuta Fabiana, mi fa piacere che anche tu ti sia espressa. Il mio intento era anche conoscere nuove persone, nuove realtà, che condividono gli stessi problemi, le stesse aspettative, magari anche gli stessi sogni :)

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  22. Condivido quanto hai scritto. Io sono un'appassionata del genere, una "creativa" (parolona per le mie piccole capacità manuali!) autodidatta, non in grado di fare mercatini, ma amo regalare i miei manufatti. Ultimamente, però, ho cominciato a fare un distinguo: li regalo solo a chi apprezza veramente un oggetto cucito e ricamato a mano, a chi capisce cosa c'è dietro a un handmade. Chi pensa che un regalo fatto a mano sia fatto "per spendere meno",................... allora si becca la pirofila del negozio all'angolo!!!!!!!

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    1. Ciao Clara, fai benissimo: non tutti apprezzano e non vale la pena di usare il nostro tempo e la cura per chi non ama il nostro tipo di "offerta" :)

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  23. Ciao, volevo dirti che trovo il tuo articolo molto interessante (l'ho condiviso anche con i miei lettori su FB, spero che arrivino altre visite). Non ho mai provato a fare un mercatino, sopratutto perché mi sono messa a creare 'più' a tempo pieno quando ho avuto dei bambini, e ora sono ancora troppo piccoli per lasciarmi il tempo per provare. Inoltre vivo all'estero, e gestire una tale esperienza in tedesco mi sembrerebbe un po' troppo... in ogni caso qui la situazione mi sembra migliore: i tedeschi in genere sono meno modaioli degli italiani e adorano decorare casa e giardino. Trovo che siano anche più educati e rispettosi ai mercatini, ma forse sono solo io ad essere pessimista... fatto sta che, per certi versi, è un piacere vivere all'estero, è 'riposante'.
    Capisco la frustrazione di chi lavora per mesi, investe i suoi soldi, passa una giornata in piedi all'aperto e riceve solo commenti stupidi, per non parlare delle sopramenzionate 'toccatine' che sporcano e rovinano le cose.
    Mi chiedo davvero se l'handmade online possa essere la soluzione. Certo, è vero che non si può vedere l'oggetto dal vivo, e che bisogna pagarsi anche la spedizione - ma credo che per chi apprezza l'handmade questo non sia un limite. Da cliente, trovo affascinante ritrovarmi davanti una così ampia scelta. Da (futuro) venditore (spero di aprire online a novembre) trovo che la scelta dell'online comporti pochi rischi - costi ridotti, pubblico già selezionato (se naviga in un sito del genere è perché è interessato), prezzi 'umani', i prodotti non rischiano di rovinarsi, e i ritmi sono flessibili, cosa perfetta per chi ha famiglia come me. Certo, anche lì si rischia di non vendere, e in un certo senso ci si priva di un'emozione, ma si tratta comunque di un servizio che a mio parere sta rivalutando l'handmade. Sarebbe una bella lezione per chi specula sui mercatini, lasciarli vuoti. E forse, a quel punto, le cose potrebbero riprendere in un altro modo, con serietà...

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    1. sì, senza dubbio internet ha aperto un ulteriore canale di vendita. Ma a mio parere il contatto con le persone, TRA le persone, è insostituibile, a maggior ragione per chi lavora anche su commissione, per chi è in grado di costruire un prodotto sulle esigenze dell'acquirente. Perciò va benissimo usare internet anche per proporre le creazioni ma lavoriamo in loco per sviluppare ed affermare un lavoro prezioso come quello che abbiamo per le mani!! :)

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  24. Ciao sono Ilaria, mi ha mandata qui Elena Fiore dicendomi di leggere questo bel post che condivido pienamente!
    Ho smesso di fare mercatini esponendo nelle fiere di paese proprio per tutti i motivi che hai scitto tu; ho ricominciato a esporre cercando realtà più "alte" dove c'è una selezione all'ingresso (chiamiamolo così) quantomeno sarò circondata da creative con creazioni di alta qualità quantomeno avrò l'opportunità di conoscere persone nuove che, magari si trasformeranno in nuove collaborazioni.
    A presto, ciao
    Ilaria

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    1. sì anche quella è una strada. Non è facile, e ti auguro tanta fortuna!

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  25. un post che condivido PIENAMENTE...hai riportato esattamente e perfettamente il pensiero mio e di altre mie colleghe e mi ha colpito il fatto che la situazione non cambia nonostante geografie diverse. Una fotografia reale e perfettamente aderente alla realtà! Anna -NearteNeparte

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    1. Cara Anna, in effetti ci sono considerazioni simili un po' in tutto il territorio nazionale, ma credo che al Sud la strada sia ancora più in salita. In tutti i sensi.

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